Misure di sostegno negate o ridotte: quando i genitori degli alunni disabili possono ottenere il risarcimento dal Ministero dell’Istruzione.
Il Ministero dell’Istruzione e i singoli istituti scolastici devono garantire determinate misure di sostegno per gli alunni disabili affinché questi possano attuare, al pari di tutti gli altri alunni, il diritto allo studio e alla formazione scolastica.
Tra queste misure, volte anche all’integrazione dell’alunno nella classe di appartenenza, vi è l’assegnazione di un insegnante di sostegno per un numero di ore quantificate in base alla diagnosi funzionale e al piano educativo individuale dell’alunno.
Se, nonostante l’handicap sia stato accertato e adeguatamente certificato, all’alunno vengono negate o ridotte le misure di sostegno o, ancora, queste, di fatto, non vengono rispettate dalla scuola, i genitori possono chiedere al MIUR il risarcimento del danno esistenziale provocato al disabile.
Ai fini del risarcimento, tuttavia, non basta affermare l’inadempimento delle misure di sostegno alle quali l’alunno aveva diritto; serve la dimostrazione del danno esistenziale subito a causa di tale inadempimento.
In particolare il genitore deve provare che la negazione o riduzione delle ore di sostegno ha inciso sulla sfera esistenziale e relazionale del figlio disabile, compromettendo la crescita, la formazione, il rapporto con se stesso e con gli altri (per esempio maggiori difficoltà nell’integrazione con i compagni di classe e quindi insicurezza e instabilità emotiva).
L’indispensabilità della prova del danno esistenziale ai fini del risarcimento è stata ribadita più volte dalla giurisprudenza di merito e di legittimità [1]. Si tratta della regola principale in materia di onere probatorio: chi domanda il risarcimento, deve provare il danno.
Proprio in una recentissima sentenza [2], il Consiglio di Stato ha ribadito l’applicazione di tale regola anche in materia di danno esistenziale derivante dal mancato rispetto delle ore di sostegno per gli alunni disabili.
Nella stessa sentenza c’è però una precisazione che, a seconda della prospettiva di interpretazione, può lasciare un po’ perplessi. Il Consiglio di Stato afferma, infatti, che “il diritto all’assistenza scolastica non è incondizionato” ma va bilanciato con le esigenze generali dell’istituto scolastico, “legate alla limitatezza delle risorse finanziarie degli istituti scolastici”.
Si tratta di una considerazione che, in fatto, – viste le condizioni economiche e non in cui versano le scuole italiane -, può anche trovare un fondamento logico. Dal punto di vista giuridico, tuttavia, proporzionare il diritto all’assistenza scolastica degli alunni disabili con le risorse economiche a disposizione degli istituti, supera ogni logica, dato che il bilanciamento può farsi semmai tra elementi che hanno lo stesso peso e valore, e dunque, costituzionalmente parlando, tra diritti entrambi fondamentali.
Da quest’ultima prospettiva, viene difficile pensare che il diritto fondamentale del disabile a ricevere le prestazioni essenziali per il percorso di studi e formazione – che non potrebbe compiere da solo, possa bilanciarsi con “esigenze legate a risorse finanziarie”. Il risultato consisterebbe nel coniugare la crisi economica con la crisi dei diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti.
Comments are closed