dipoiIl Coordinamento Regionale DIPOI nasce per “fare rete” fra le tante realtà che in Toscana si occupano di “durante e dopo di noi”, molte delle quali gestiscono anche servizi o strutture residenziali e semi-residenziali per persone con disabilità.

Gli obiettivi del DIPOI sono lo scambio e l’approfondimento di esperienze progettuali, maggiore visibilità e rappresentanza, maggiore autorevolezza nel confronto con le istituzioni ed essere quindi un interlocutore presente a tutti i tavoli di discussione istituzionale, in particolare sui temi del “durante e dopo di noi” cioè progetti di vita e inserimento sociale delle persone con disabilità.

Il DIPOI si appella alla convenzione ONU sui diritti delle persone disabili, ma per queste persone, come per tutti, i diritti sono esigibili se si contribuisce in maniera attiva e partecipe a determinare le condizioni che li rendono concretizzabili. L’occasione della Conferenza sulla disabilità ci permette di esprimere presupposti fondamentali per la realizzazione dei progetti di vita, concetti condivisi da tutte le oltre 40 associazioni sia di volontariato che di famiglie con figli disabili e fondazioni di tutta la Toscana che rappresentiamo, e che si sono espresse nella nostra piattaforma programmatica.

E’ determinante che le politiche e i servizi rivolti alla disabilità prendano coscienza dell’importanza del supporto alla crescita della dimensione adulta delle persone con disabilità affinché sia data loro la possibilità di esprimere la propria soggettività, le proprie potenzialità e capacità di autonomie relazionali, sociali e abitative. Questo significa che il concetto di “assistenza” (faccio io per te) deve essere sostituito a quello più attivo di “accompagnamento“ (fai da solo con aiuto). Questo modo di operare porta conseguentemente alla necessità di mettere a punto percorsi personalizzati che mettano veramente in condizione le persone disabili di essere a contatto con un reale percorso emancipativo ed educativo, non solo assistenziale.

I servizi dedicati alla disabilità si dovranno muovere in dimensioni più ampie che chiamano in gioco la politica locale nei suoi diversi aspetti: scuola inclusiva, urbanistica, abitativa, culturale, sportiva, lavorativa, occupazionale, e naturalmente sanitaria…

Questi diritti appaiono oggi lontani e “non esigibili” fino a quando le istituzioni non organizzeranno opportunità e risorse in maniera adeguata e congrua per rendere concretizzabile il percorso del “durante noi” in preparazione del “dopo di noi”.

Sono migliaia le famiglie che devono confrontarsi con questa dimensione, e molte di loro sono sfinite e disarmate di fronte all’esiguità e inadeguatezza delle attuali risposte. Ci auguriamo che i progetti sperimentali sull’autonomia che la Regione ha raccolto attraverso la manifestazione d’interesse pubblico mettano in evidenza i tanti percorsi innovativi che si possono realizzare, grazie alla costruzione di sinergie e connessioni tra pubblico e privato, ma soprattutto che prenda impegni per la loro messa a sistema..

In questa prospettiva, sarà sempre più determinante il coinvolgimento attivo delle famiglie, affinché non siano altri soggetti, estranei alle esperienze, angosce e bisogni che la dimensione disabilità porta con sé, a decidere per loro conto. Questo anche tenendo conto del protagonismo crescente che negli ultimi anni ha visto le famiglie toscane assumersi sempre maggiori responsabilità civiche rispetto ai temi della disabilità – sia attraverso associazioni che fondazioni private e di partecipazione – con l’organizzazione e la gestione di servizi che hanno integrato (in alcuni casi sostituito) quelli tradizionalmente garantiti dal pubblico.

Se da almeno una decina d’anni a questa parte c’è un fenomeno evidente, infatti, è quello dell’incremento costante della spesa privata destinata all’assistenza (intesa in senso lato e non semplicemente riconducibile all’ambito sanitario) delle persone disabili e non autosufficienti, la cui componente più evidente è quella per le cosiddette “badanti”.

In particolare, genitori e familiari più consci rispetto alla condizione delle persone disabili (soprattutto di quelle con deficit psichici, intellettivi e con multidisabilità) hanno acquisito la consapevolezza di dover giocare un ruolo di primo piano nel pianificare nel lungo periodo la vita dei propri figli/fratelli, per garantirgli un’esistenza dignitosa e la qualità della vita anche nel momento in cui verranno meno o non potranno più farsene direttamente carico. È evidente, peraltro, che le istituzioni pubbliche, di ogni livello, non possono pensare di “approfittare” di questo nuovo atteggiamento di disponibilità e delegare alle sole famiglie l’individuazione e la gestione di queste soluzioni. Ma che occorrerà sempre di più ragionare in termini di cooperazione per meglio destinare le risorse pubbliche e private al soddisfacimento dei bisogni reali delle persone con disabilità, garantendone qualità della vita e autonomia.

Poca attenzione e considerazione si pone nella disabilità intellettiva, quella tipologia forse più “anonima e variegata” ma più numerosa e fragile, dove la persona non è completamente in grado di autodeterminarsi, e necessita di accompagnamento e aiuto nelle attività quotidiane, ma che ha ugualmente diritto ad aspirare ad una “possibile vita indipendente” con una qualità della vita che la vede comunque protagonista attiva nella comunità e non assistito passivo.

Malattia e disabilità spesso s’intersecano e non possono esaurirsi in un generico e burocratico termine di “oligofrenia”. Dietro questa parola in realtà, esiste un ventaglio eterogeneo e complesso di situazioni che troppo spesso si semplificano ponendo in prima luce la condizione di handicap mentale e poi la soggettività della persona che magari presenta anche qualche problema psichiatrico. Il punto da sviluppare sono le risposte adeguate che devono essere pensate e create per consentire a tutte queste persone, vissute e coccolate per una vita in famiglia, di proseguire anche dopo con la stesse caratteristiche, con rispetto e senza dover subire traumi.

La mancata integrazione dei servizi socio sanitari porta spesso a inquadrare le persone tra la psichiatria o il servizio sociale soprattutto nella disabilità adulta. Sappiamo tutti quanto sia indispensabile una corretta integrazione dei due sistemi, per lavorare meglio e per non omologare e appiattire realtà diverse, continuando a mantenere così un sistema incapace di venire incontro e soddisfare le esigenze di ogni singola persona, come è giusto che sia.

Tutto ciò premesso, il Dipoi (Coordinamento toscano delle associazioni e fondazioni per il Durante e Dopo di Noi) avanza sinteticamente le seguenti proposte:

  1. Istituzione di un Fondo regionale per il sostegno a servizi e strutture destinate al Durante e Dopo di Noi. Queste risorse dovrebbero servire a dare continuità e stabilità anche ai progetti di autonomia delle persone con disabilità e dovrebbero essere distinte da quelle del Fondo per la Non autosufficienza, il quale era inizialmente nato per dare risposte solo assistenziali alla non autosufficienza, e che ad oggi vede impegnate quasi tutte le sue risorse per le persone anziane non autosufficienti.
  2. Valorizzazione delle Fondazioni di partecipazione e private con missione di natura pubblica che si occupano di Durante e Dopo di Noi, come uno degli strumenti privilegiati per l’attuazione delle politiche di sostegno alle persone con disabilità, tenendo conto del fatto che esse costituiscono un prezioso think tank di elaborazione culturale e un veicolo di attrazione di risorse private destinate all’assistenza/integrazione delle persone disabili che si affiancano a quelle pubbliche.
  3. Istituzione di un tavolo di concertazione per individuare un pacchetto di misure concrete di agevolazioni (fiscali, edilizie, procedurali, autorizzatorie) che possano favorire l’attivazione di servizi e la realizzazione di strutture residenziali o semiresidenziali destinati al Durante e Dopo di Noi.

Il Presidente Patrizia Frilli

Il Vicepresidente Marisa Biancardi

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