Per lo più stranieri, abbandonati in ospedale subito dopo la nascita, hanno disabilità complesse congenite e necessitano di continua assistenza. Solo per pochi di loro c’è una “casa famiglia”. Per gli altri, ricoveri in grandi strutture sanitarie. Denuncia di Casa al plurale
19 novembre 2014
ROMA – Sono circa 4 mila, in Italia, i bambini e gli adolescenti nati con disabilità e abbandonati dalla famiglia: il loro destino è, nella maggior parte dei casi, una lunga ospedalizzazione, o il ricovero in una struttura residenziale sanitaria. E’ a loro che Casa al plurale, l’associazione che riunisce e rappresenta le case famiglia per persone con disabilità a Roma e nel Lazio, ha pensato di dedicare la Giornata Internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che si celebrerà domani. I dati risalgono al 2010 e provengono da un’indagine del ministero del Lavoro e dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza. In base a questi, solo nel Lazio sarebbero circa 250 i bambini con gravi disabilità senza famiglia. Solo una piccola parte di loro vede riconosciuto il diritto a quell’ambiente familiare messo in evidenza dalle principali convenzioni Onu di riferimento: quella sui diritti dell’infanzia e quella sui diritti delle persone con disabilità. Complessivamente, i minori al 31 dicembre2010 fuori dalla famiglia di origine, al 31 dicembre 2010, risultavano 29.309, di cui 2.560 nel solo Lazio. E’ quindi significativa l’incidenza della disabilità: inoltre il 13% in Italia, poco meno del 10% nel Lazio. A Roma, la cooperativa Accoglienza è una delle prime che si è accorta di quanto importante fosse la richiesta di aiuto che arrivava da questi bambini: oggi ne accoglie 13, in tre case famiglia: numeri necessariamente piccoli, perché solo questi possono garantire quel calore affettivo e quell’accoglienza familiare di cui tutti hanno bisogno. Il responsabile è Marco Bellavitiis.
Stando ai dati, ci sarebbero circa 4 mila bambini disabili senza famiglia in Italia. Chi sono? E perché sono soli?
Nella maggior parte dei casi, si tratta di bambini abbandonati subito dopo il parto. Nell’80% circa dei casi provengono da famiglie straniere, spesso Rom, che per ragioni economiche o culturali non fanno diagnosi prenatale né prevenzione e non interrompono le gravidanze, anche in caso di gravi malformazioni. Sono quindi bambini con disabilità complesse congenite, che necessitano di una presa in carico globale e sono non in grado di vivere autonomamente. La maggior parte di loro non ha mai vissuto in una famiglia, ma ha vissuto mesi in ospedale.
Quelli che arrivano nelle vostre case famiglia sono una piccolissima parte di questa “popolazione”: come entrate in contatto con loro?
Veniamo contattati dai servizi sociali dell’ospedale, che innanzitutto si rivolgono all’ufficio tutele: conosciamo questi bambini generalmente nei reparti stessi, dopo almeno sei mesi di ospedalizzazione: non vengono dimessi perché non si riesce a trovare qualcuno disposto ad accoglierli, né tra le famiglie né tra le strutture. Sono bambini che richiedono un carico assistenziale molto importante. Noi li accogliamo come in una vera famiglia. Ma crediamo che lo stesso potrebbe essere fatto dalle altre case famiglia per minori, se la legge lo permettesse.
In che senso?
Nel Lazio c’è una profonda spaccatura tra sanitario e assistenziale: così, Rsa per i disabili gravi adulti ci sono le Rsa o le case famiglia, ma per i bambini disabili ci sono pochissime strutture socio-assistenziali. Questo perché la normativa è rigida e alcune asl hanno remore a disporre inserimenti in casa famiglia di minori con disabilità complessa, perché si ritiene indispensabile, per questi casi, la presenza di medici e infermieri…
… che sono presenti nei grandi istituti sanitari
Esatto: così, la maggior parte di questi bambini finisce in grandi strutture, come la Litta di Frascati, o l’Istituto Vaccari: molto efficienti dal punto di vista medico, ma dove i grandi numero non consentono quell’attenzione e quel calore familiare che solo può elevare la qualità di vita di questi bambini. E anche la loro aspettativa di vita, come è stato dimostrato scientificamente. Basta pensare e che in una casa famiglia ospitiamo 5 bambini, mentre in queste strutture dai 30 ai 40, se non di più. (cl)
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